La cera d’api nell’antico Egitto

La cera è un prodotto meraviglioso che nasce dalle api. Non tutte le api possono produrre cera o, meglio, non sempre possono produrla. Prima di narrare gli usi nella storia, andiamo a vedere questo processo affascinante della nascita della cera e della sua composizione.  Le api operaie, tra i 12 e i 20 giorni di vita, sono responsabili della produzione della cera. Possiedono delle ghiandole dette ceripare situate nella parte inferiore dell’addome, che secernono un essudato semitrasparente, il quale a contatto con l’aria si solidifica, formando sottili scaglie di cera che le api manipolano con le loro mandibole unendo propoli e polline e modellandole fino a creare le cellette esagonali dell’alveare.

Necessariamente per fare ciò devono avere un ingrediente principale: il nettare che con elaborati processi chimici ed enzimatici si trasforma in cera. La cera contiene 284 composti di cui 111 volatili; è una miscela di diversi esteri di alcoli, acidi grassi, idrocarburi, gibberellina GA3, alcol miricilico e composti proteici. Sono presenti carotenoidi; pensate che 100 g di cera ne contengono 8-12 mg rispetto ai 2-9 mg dello stesso quantitativo di carote! Appena nasce, la cera ha un colore quasi bianco o giallo chiaro per poi diventare gialla e col tempo, dopo circa 7/8 anni, nera. Un’altra particolarità della cera è la malleabilità, con temperature relativamente basse circa 35°C  è modellabile ed a 65°C si fonde. Ricordiamo però che per produrre 1 kg di cera un’ape ha bisogno dai 5 ai 10kg di miele, perciò, stiamo parlando di una riserva preziosa.

GLI USI DELLA CERA – La cera era ritenuta una sostanza magica probabilmente dato che veniva presupposta per le sue caratteristiche: era idrorepellente e malleabile, ma la caratteristica che stupiva gli egizi era il fatto che, se bruciata non provocava cenere. Non abbiamo testimonianze certe su come gli egizi si procurassero la cera ma sappiamo che trovava impiego in vari ambiti, come nella medicina, nella cosmesi, nell’arte e anche nell’ artigianato. La prima citazione d’utilizzo della cera d’api risale all’antico Egitto nel VI millennio a.C. per l’imbalsamazione, ma i suoi impieghi erano già conosciuti da tempo, in campo cosmetico, per la protezione del legno, per le tavolette di scrittura e per i sigilli delle epistole:

Il dio Ra pianse, le lacrime scese dai suoi occhi caddero a terra e si trasformarono in api. Le api fecero il loro alveare e si operarono con i fiori di ogni pianta per produrre miele e cera. Così anche il miele e la cera d’api fuoriuscirono dalle lacrime di Ra”.

Questa iscrizione proveniente da un antico papiro egiziano (Salt 825) ci racconta di come gli Egizi credevano che le lacrime generate dal pianto del dio sole Ra si trasformassero in api mentre colpivano la terra e di come il miele e la cera erano stati quindi associati alle lacrime del Dio. La cera veniva utilizzata nei modi più variegati. Dall’utilizzo forse più banale, ossia le candele, a quello medicinale. Nel Papiro di Ebers, un rotolo lungo 20 metri e risalente a più di 3500 anni fa che racchiude conoscenze e rimedi in ambito medico, è documentato l’uso della cera d’api come componente di creme e unguenti medicinali, efficaci nel trattamento di ustioni, ferite e dolori articolari. 

Di recente si è scoperto che la cera veniva anche usata come collante per colata. La scoperta è avvenuta per via di un errore tecnico durante il lavoro di restauro della maschera di Tutankhamon nel 2015, la barba era stata danneggiata durante la pulizia da parte degli addetti, ed era stata frettolosamente aggiustata con della resina epossidica, un tipo di collante extraforte che aveva provocato danni al materiale oltre ad essere notevolmente visibile; così il museo si servì di un team di esperti egizi e tedeschi con a capo il Dr. Christian Eckmann che attraverso accurati studi scoprì il collante naturale usato all’origine, ossia la cera d’api, e, proprio con essa, riattaccarono la barba. La cera rappresentava l’ingrediente principale per gli usi esoterici, un esempio palese ci giunge dal processo per la congiura contro Ramesse III, dove alcuni maghi furono accusati di aver costruito delle statue di cera ai danni del faraone. La creazione di figure ed effigi era spesso impiegata per rituali finalizzati a sottomettere. Il Papiro Salt 825 ci fornisce dettagli su come venivano costruite le statue di cera in nome del Dio Seth, dio del caos. Un altro esempio di statue di cera d’api esoteriche ci è dato dalla leggenda del saggio Aba-aner, riportata nel papiro di Westcar. Il sacerdote vissuto durante la terza dinastia era solito creare statue di cera che usò anche a scopo personale. Costruì un coccodrillo con un incantesimo speciale, per vendicarsi dell’infedeltà della moglie. Tale coccodrillo a contatto con l’acqua del fiume dove stava nuotando l’amante della moglie, prese vita e lo divorò, tornando ad assumere le sembianze di statua quando uscì dall’acqua.

D’altro canto, la cera rappresentava anche la resurrezione; statue di animali fatte di cera poste ai piedi del sarcofago favorivano la resurrezione, tali animali erano l’Ippopotamo ed il Benu, ossia la fenice egizia. Un nuovo studio effettuato dall’Università di Tubinga, dall’Università Ludwig-Maximilians in Germania e dall’American University del Cairo ha permesso di dare uno sguardo ravvicinato agli ingredienti utilizzati dagli antichi egizi per effettuare i loro lavori d’imbalsamazione di 2.500 anni fa. Questa ricerca ha permesso inoltre di approfondire nel dettaglio le diverse tecniche impiegate dagli antichi sacerdoti finora conosciute, anche grazie all’identificazione di un laboratorio di imbalsamazione scoperto a Saqqara, in cui sono stati ritrovati ben 31 vasi colmi di materiale animale e vegetale. risultati attestano che facevano uso della cera e della propoli, materiali economici e facilmente reperibili, che perciò divennero alcuni tra i materiali più usati per l’imbalsamazione specie in Epoca Faraonica e Greco-Romana. La struttura della pelle mummificata e imbalsamata con cera e propoli è stata molto ben conservata nel corso dei millenni, al punto che le caratteristiche morfologiche e strutturali del tessuto epiteliale del reperto imbalsamato trovano molte e strette somiglianze con quelle di un tessuto fresco e appartenente ad un individuo in vita. Cera e propoli, benché materiali economici, erano dunque le sostitute per eccellenza del materiale regale, l’oro: il colore, così simile a quello del prezioso metallo, ne deve aver determinato la scelta, oltre alle loro virtù terapeutiche e simboliche. Gli dèi erano garanti della loro efficacia, essendo esse una loro emanazione, e hanno consentito ai corpi imbalsamati di giungere fino a noi attraverso i millenni.

L’uso nella cera era anche presente nei prodotti di cosmesi. In un antico papiro sono state trovate ben 877 ricette per la cosmesi, tra esse una ricetta per le rughe: miscuglio di grasso di pecora e pinoli tritati con olio di sesamo, latte di capra, cera d’api. Si doveva spalmare sul viso per sei giorni consecutivi. O ancora per le parrucche, i riccioli venivano fatti con cera fusa che una volta solidificata manteneva il riccio intatto. Nei dipinti veniva usata la cera per fissare i colori e come protettivo degli stessi pigmenti nel tempo, una tecnica chiamata pittura ad encausto consentiva di avere dei colori particolari capaci di dare un’espressività maggiore; questi colori erano creati da cera, uova ed olio di lino. Come finitura protettiva dei sarcofaghi, delle barche o ancora per creare stampi con una tecnica chiamata cera persa, dove lo stampo veniva modellato con la cera e ricoperto di argilla o altro materiale refrattario; una volta sciolta la cera veniva colato il metallo fuso a 300°c e così creato il calco. Possiamo affermare che l’apiterapia nasca nella notte dei tempi e gli egizi ne sono testimoni. Oggi grazie all’apiario olistico possiamo godere dell’approccio all’aromaterapia, in quanto fornisce risultati sia sul piano fisico che su quello emozionale. Le sostanze contenute nell’assoluta di cera d’api, chiamata anche olio essenziale di miele, influenzano l’umore e le funzioni fisiologiche regolate dal sistema nervoso autonomo.   

 a cura di Francesca Rombolà, naturopata, apicoltrice

Lascia un commento