
Dei ricercatori di due università tedesche hanno dimostrato che le api mellifere conservano una memoria degli elementi paesaggistici lineari dominanti nella loro zona di origine, come canali, strade e confini. Quando vengono trasportate in un’area sconosciuta, esse cercano elementi locali di questo tipo, ne confrontano la disposizione con la memoria e volano lungo questi elementi per cercare la strada di casa.
Agli albori del volo umano, prima dell’invenzione dei primi radiofari e dei sistemi elettronici a terra e del moderno GPS, i piloti navigavano seguendo strade e ferrovie: elementi lineari del paesaggio a livello del suolo che guidavano verso una destinazione di interesse. Questa era l’esperienza tramandata da tempi antichi: i navigatori, con le loro mappe “a vista” come i portolani utilizzavano foci di fiumi, colline e costruzioni umane per orientarsi. Questo sistema di navigazione era in uso fino a poco tempo fa.
Ma ritorniamo all’ape mellifera. Un secolo di ricerche ha dimostrato che le api da miele sono navigatori per eccellenza. Riescono a orientarsi grazie all’olfatto, al sole, al modello di luce polarizzata del cielo, ai punti di riferimento verticali che spiccano nel panorama e forse al campo magnetico terrestre. Sono anche abili nel riconoscere associazioni tra ricordi diversi per generalizzare le regole.
I ricercatori tedeschi hanno dimostrato che le api da miele tendono a cercare la strada di casa orientandosi sulla base di elementi lineari dominanti del paesaggio, proprio come i primi piloti. Si tratterebbe di una mappa mentale che le api si creano volando ripetutamente su luoghi, forse per famigliarizzarsi con essi, decifrandoli con i loro sensi. Sembrerebbe che questa procedura sia quella adoperata nelle zone nuove da esplorare per il bottinamento di nettare, propoli o polline. Gli elementi lineari del paesaggio, come canali d’acqua, strade e bordi dei campi, sembrano essere componenti importanti di questa memoria di navigazione.
Per questa ricerca si sono utilizzati dei trasponder incollati sul dorso delle api da 10,5 mg e un radar che le potesse rilevare ad una distanza di 900 metri; le api selezionate da alcuni alveari avevano a disposizione una nuova area nella quale scorrevano dei canali di irrigazione paralleli (nella foto un’ape con il trasponder sul torace impiegata per questa ricerca).
Quando le api da miele si trovano in un territorio sconosciuto, volano in “cerchi esplorativi” in diverse direzioni e su diverse distanze. Con il radar, i ricercatori hanno tracciato l’esatto schema di volo esplorativo di ciascuna ape per un periodo compreso tra 20 minuti e tre ore. Le api hanno volato fino a nove metri dal suolo durante l’esperimento. Per arrivare ad un risultato non casuale, i ricercatori hanno studiato vari modelli di volo delle api; hanno per esempio notato che le api volavano per moltissimo tempo lungo i canali di irrigazione e che tali strutture “guidavano” le api oltre i 30 metri di distanza. Questa distanza risulterebbe il limite di visione delle api e per tanto si è ipotizzato che le api volassero “a memoria” dopo aver ripetuto più volte il volo lungo questi elementi di riferimento.
Altre analisi più complesse sono state eseguite anche utilizzando alveari posizionati variamente nell’area di esperimento e si è notato che le api si comportavano effettivamente in modo diverso a seconda del luogo di origine del loro volo; ciò, a loro avviso, denota la loro memoria di navigazione basata sempre su punti di riferimento del paesaggio. Con questi stessi punti di riferimento le stesse api “ritrovavano” la strada di rientro nei propri alveari. I risultati sono riportati su Frontiers in Behavioral Neuroscience e l’articolo, bellissimo ma veramente complesso, lo si può scaricare liberamente: Eric Bullinger, Uwe Gregger, Randolf Menze “Generalization of Navigation Memory in Honeybees” 2023
Come succede per noi umani, cambiare casa o semplicemente spostarsi in un’altra località causa un certo stress: non troviamo i punti di riferimento familiari (cioè memorizzati da parecchio tempo) o ci si sforza di rammentare particolari che possano permettere la localizzazione delle nostre mete più importanti (la abitazione, l’auto, eccetera). Se la memoria di navigazione è condivisa anche con le api, ci resta un dubbio sulla pratica dell’apicoltura itinerante o nomade, sebbene spesso i luoghi in cui si installano gli apiari possano essere costanti nel tempo. Facciamo bene o no alle api? Si aprono “varchi” a situazioni che possono indebolire la sana costituzione di un apiario?
La pratica del nomadismo è antica, come ai tempi dei faraoni, e comporta un buon risultato economico. Ma con la situazione di perenne allarme sulla salute delle nostre care api (Varroa, peste, Aethina tumida, solo per citare alcune) e sull’ambiente in cui vivono (condizioni climatiche modificate, pesticidi, agricoltura monocolturale) forse un ripensamento potrebbe, in alcuni casi, essere fatto. Ricordiamo che in apiterapia abbiamo bisogno di prodotti di qualità, ricchi di nutrienti e questa caratteristica si può ottenere principalmente da api sane e non stressate.
a cura del dr. Piero Milella