
Si contano ben tre divinità Maya legate sia alle api (le melipone, api senza pungiglione) sia all’alveare; il miele viene utilizzato nelle cerimonie rituali e come medicina dalle molteplici proprietà.
La popolazione tribale dei Saan (Boscimani) annovera, tra le protagoniste dei miti fondanti, un’ape e una mantide. Si narra che l’ape trasportava la mantide attraverso un fiume, ma esausta, non riesce a giungere alla riva e la lascia cadere su un fiore acquatico. Da un seme, incastrato nel corpo della mantide, nascerà il primo uomo.
Anche in Uganda è presente una leggenda per cui Nambi, figlia divina, trasforma sé stessa in ape per aiutare il futuro sposo nella prova richiesta per unirsi in matrimonio.
In India (dove era presente solo l’ape cerana) esiste una divinità delle api, Bhramari Devi, in una posizione yoga che è chiamata proprio “respiro dell’ape ronzante”, Bhramari Pranayama. Bhramari Devi (dal sanscrito la dea delle api nere) è in realtà una incarnazione di una divinità superiore che si trasforma in generatrice di api (e di tutti gli animali a sei zampe) per sconfiggere una divinità che aveva minacciato tutto il mondo e che non poteva essere sopraffatta da essere inclusi quelli dotati di due o quattro arti. Ecco quindi che in essa la forza creativa (Adi Shakti) dell’universo plasma Bhramari, una enorme entità costituita da tutti gli esseri a sei zampe, le quali riescono a impedire che vinca la armata distruttrice del Mondo.

Quindi, questo mito insegna che, non solo le api ma tutti gli insetti sono da considerare benigni nella protezione del Mondo. Un antico pensiero di devozione verso animali che spesso disprezziamo.
L’ape, che nobilita questo mito, ha i tre “occhi” che nella tradizione indiana possiede Adi Shakti (segno di illuminazione e grande potenza); sono i tre ocelli (o occhi semplici) che l’ape ha sul suo capo.
Questi costituiscono un organo complesso e non ancora definito nelle sue funzioni e proprietà rispetto ai due occhi composti (nella foto riportati come compound eyes), ben studiati dagli entomologi.
a cura di Michele Buffa e Piero Milella