CONOSCERE LA VITA DELLE API PER APPREZZARE I LORO PRODOTTI

Un articolo divulgativo, per i non addetti ai lavori, che spiega in modo semplice la vita delle api in modo da apprezzare ed usare consapevolmente i loro prodotti in apiterapia.

Per entrare nella logica di questa terapia naturale, strettamente legata alla naturopatia e valutarne meglio i prodotti che la costituiscono, ritengo opportuno fare un breve quadro generale sull’organizzazione sociale dell’alveare, dove spesso riscontro analogie con la nostra specie.

Le Api sono degli insetti che appartengono all’Ordine degli Imenotteri (uno dei gruppi più evoluti caratterizzato da due paia di ali membranose e comprendente circa 300.000 specie diverse), alla Famiglia Apidae, Genere Apis, che conta diverse specie, tra cui le più comuni in Italia sono:

  • Ape italiana (Apis ligustica Spin.), presente su tutto il territorio nazionale:
  • Ape nera (Apis mellifera mellifera L.), presente in alcune zone di Liguria, Pie-monte, Toscana, Trentino e Friuli Venezia Giulia,
  • Ape sicula (Apis sicula Grassi), presente solo in Sicilia,
  • Ape carnica (Apis carnica Poll.), presente in alcune zone del Friuli.

Nella evolutissima società delle api, il singolo individuo non esiste, ma è la società stessa che ha raggiunto un grado di organizzazione talmente perfetto da essere considerata come un vero e proprio organismo (come una volta esisteva nella nostra specie) (U. Nardi, 1996). La divisione dei compiti è stabilita dall’età delle api che costituiscono la colonia e le api più giovani svolgono i lavori meno impegnativi mentre le più anziane i compiti onerosi, apprendendo i futuri ruoli. Questo dimostra una spesa energetica equilibrata, un’equa distribuzione dei compiti, al fine di un dispendio equilibrato delle energie.

Dopo la deposizione dell’uovo da parte della regina, la larva subirà tre mute, al termine delle quali sfarfallerà l’insetto. A seconda della diversificazione delle larve nasceranno:    

  • Regine: al 16° giorno,
  • Api operaie: al 21°giorno,
  • Fuchi: ossia i maschi, al 24°giorno.

LA VITA DELLE API ED I LORO RUOLI

Dal 1° al 3° giorno di vita, si adattano all’ambiente ed esplicano piccoli lavori interni.

Dal 4° al 9° giorno gli è assegnato il compito di nutrici, “ nutrono e sorvegliano la covata”, dapprima le larve più anziane, fornendo loro miele, polline e poi acqua, poi quelle più giovani. Solo in questo periodo presentano le ghiandole sopra cerebrali perfettamente sviluppate ed in grado di funzionare, questo gli permette di produrre pappa reale e quindi sono deputate a nutrire la regina e tutte le larve giovani da 1 a 3 giorni di età.

Dal 10° al 16° giorno diventano ceraiole, entrano in funzione le ghiandole ceripare presenti nell’addome, ora il loro compito è quello di provvedere alla costruzione e riparazione dei favi.

Dal 17° al 19° giorno si dedicano al ricevimento di nettare e polline da parte delle più anziane, le bottinatrici.

Dal 20° al 22° giorno hanno il compito di guardiane (scacciano eventuali intrusi), poi guardiane e ventilatrici (con il movimento regolato delle ali mantengono la temperatura costante all’interno dell’alveare).

Dal 23°giorno svolgono il compito di bottinatrici: provvedono alla raccolta del nettare, del polline, del propoli e dell’acqua, fino alla morte che varia in base alla quantità di lavoro eseguita ed al periodo: nel periodo estivo è circa 40 giorni, nel periodo invernale la vita media delle operaie è maggiore di quella estiva.

L’ATTIVITA’ DELL’ALVEARE SEGUE IL RITMO DELLE STAGIONI:

  • riposo in inverno
  • sciamatura (distacco di una parte della famiglia con una nuova regina per creare un’altra colonia), in primavera
  • raccolta e riposo estivo in estate
  • preparazione delle scorte invernali in autunno.

Quando, nella stagione più ricca di fioriture, le api bottinatrici possono portare all’alveare una grande quantità di polline e nettare, la popolazione aumenta di numero e le cellette preesistenti risultano insufficienti. È a questo punto che entrano in azione le ceraiole che, utilizzando una grande quantità di miele, producono la cera (attraverso otto ghiandole situate sull’addome), che lavorata e plasmata con le zampe e le mandibole andrà a costituire la struttura delle nuove celle. Ora l’alveare è popoloso e la regina può deporre uova non fecondate (aploidi), dalle quali si genereranno maschi deputati alla sua fecondazione e fecondate (diploidi) che danno origine ad api operaie (o nuove regine).

Col procedere dello sviluppo dell’alveare si arriva ad uno squilibrio determinato dalla presenza di un maggior numero di api adulte. Esse sono in grado di produrre più pappa reale di quanta sia necessaria alla colonia, questa superproduzione viene però immagazzinata in speciali celle che ospiteranno le nuove regine. È così che poco prima della schiusa delle uova la vecchia regina, accompagnata da una gran parte delle api adulte e dai maschi, sciama per trovare un nuovo rifugio. All’interno dell’alveare la nuova regina, eliminate tutte le sue concorrenti, dà vita al ripopolamento della famiglia.

L’equilibrio dell’alveare, la capacità riproduttiva dello stesso, l’incremento della popolazione, i ritmi di lavoro, etc. sono mediati attraverso informazioni che la regina prima, le api tra loro poi, trasmettono per mezzo di sostanze ormonali (feromoni).

Per mezzo dei feromoni la regina (matriarca) dirige le attività dell’alveare ed esercita sulle api operaie, una differente influenza:

  • le attrae a sé,
  • gli impedisce di costruire nuove celle reali,
  • gli condiziona l’attività ovarica,
  • le stimola a secernere una maggiore quantità di cera per costruire costantemente celle ordinarie per altre api e per i fuchi.

A tale proposito il dott. R. Chauvin, in un suo articolo sulle api, riferisce un’osservazione su di un loro strano comportamento: nonostante la regina fosse morta, le api operaie continuavano ad accudirla e ad eseguire i suoi ordini. La spiegazione più ovvia era quella del permanere dei feromoni sul corpo della regina. Per dimostrare questo lo stesso autore, coadiuvato da J. Pain, mise a punto un esperimento tendente a dimostrare le sue intuizioni.

Fu presa una regina morta e triturata finemente sino a ridurla in polvere impalpabile, questa polvere posta nell’alveare attirava le api operaie esercitando, su di esse, lo stesso potere di una regina viva, allo stesso modo anche poche gocce di una soluzione alcoolica, nella quale era stata immersa una regina, sortivano lo stesso effetto, ciò stava a dimostrare che, la sostanza o le sostanze ormonali caratterizzanti i feromoni dell’ape regina, sono estremamente stabili. Il dott. Buttler identificò, quale componente maggiore di questa soluzione, l’acido 9-acetico-2-decenoico (U. Nardi).   

Le osservazioni fin qui condotte meritano la nostra attenzione verso questi piccoli insetti che, oltre a mostrarci un mondo da cui trarre qualche idea per il nostro rapporto sociale, ci spronano a migliorare le nostre conoscenze della Natura.             

a cura di Michele Buffa, naturopata, consulente di apiterapia

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