
Gli scienziati hanno studiato attentamente la complessità di come i singoli organismi vivono e agiscono insieme in gruppi conosciuti come collettivi biologici. Nei “superorganismi” come le colonie di api, le interazioni dei singoli membri si sommano a beneficio dell’intera colonia. Come fanno le colonie a prendere decisioni di fronte a condizioni mutevoli o critiche? Dei ricercatori dell’Università della California San Diego che studiano le api sociali hanno pubblicato una ricerca che indica che la dimensione della colonia è un fattore chiave. I risultati – guidati da ricercatori della Divisione di Scienze Biologiche e dell’Istituto per il Calcolo Neurale della UC San Diego, insieme a un ricercatore dell’Università Westfalia di Scienze Applicate in Germania – sono pubblicati il 10 novembre nel Journal of the Royal Society Interface (1).
Lavorando in un apiario, per diversi anni i ricercatori hanno raccolto dati sui comportamenti degli individui in piccole e grandi colonie di api. I loro sforzi si sono concentrati sui segnali di comunicazione che le api usano per trasmettere informazioni. Le api usano una vigorosa “danza dell’addome” per indicare una fonte di cibo disponibile e vantaggiosa per la colonia ai loro compagni di alveare. Ma quando le condizioni di tali fonti di cibo si deteriorano, o quando c’è una minaccia di un predatore, le api producono segnali di “stop” – che includono la trasmissione di vibrazioni e delle “testate” – che informano le api danzanti che la fonte non è più una indicazione valida o sicura.

Il fattore chiave scoperto dai Ricercatori, sembra riconducibile alla dimensione della colonia. Le colonie grandi e consolidate, con livelli confortevoli di riserve di cibo, erano meno propense a correre pericoli con fonti di cibo rischiose. In alternativa, le colonie più piccole, costrette a trovare cibo adeguato per sostenersi, erano molto più disposte a correre rischi e a ignorare i segnali di avvertimento.
La verifica di ciò è stata eseguita dai Ricercatori creando un segnale di blocco, simile a quello naturale, che metteva in pausa per un breve periodo le api danzanti. Misurando il tempo di blocco della danzatrice e la grandezza delle colonie formate dalle api, si è appurato che in quelle più piccole il blocco era minore, rispetto alle colonie più grandi (nell’immagine tratta dall’articolo scientifico riportato (1): a sinistra una colonia piccola e a destra una grande). Cosi sembra che le colonie piccole vogliano correre i rischi esterni pur di cercare il cibo, e che le strategie tra una colonia grande e una piccola divergono. La disperazione della fame modifica il senso del pericolo.
Ciò ha un senso anche nella attuale crisi climatica-ambientale: la variazione delle risorse alimentari delle api modifica la presenza e l’intensità dei suoi predatori (per esempio uccelli e vespe); queste ricerche mostrano come esse possano meglio adattarsi a questi cambiamenti. Il lato notevole è che, come superorganismi, esse mimano anche le reti neurali e sistemi umani “allargati”, come piccole o grandi aziende, tanto che si possono trarre delle implicazioni per la progettazione di nuove reti informatiche, prevedendo in anticipo le strategie di attenzione ai rischi, anche quando se ne modificano le dimensioni.
Grazie della lezione, care Api!
Nota (1): Heather C. Bell et Al, “Responsiveness to inhibitory signals changes as a function of colony size in honeybees ( Apis mellifera )”, Journal of The Royal Society Interface (2021).
a cura del dr. Piero Milella