NON DIMENTICHIAMO IL BENESSERE DELLE API

Articolo pubblicato sul numero di maggio-giugno della rivista “L’Apicoltore Italiano”

In questa rubrica dedicata al benessere dell’uomo, vorrei questa volta fare una rapida riflessione in merito al benessere delle api, soffermandomi su aspetti noti ai più che vanno, però, ogni tanto ricordati. Quando parlo di api, mi riferisco sempre a quei piccoli esseri che fanno un enor­me ed essenziale lavoro per la natura e per l’uomo: dall’impollinazione, alla fun­zione di bio-indicatore ambientale; dalla produzione di alimenti sicuri in diverse varietà e varianti territoriali, alle ricadute sulla farmaceutica e la cosmesi.

Animali selvatici, le api traggono natural­mente il loro nutrimento dai fiori e dalle piante, non gratuitamente, ma ricambian­do con l’impollinazione, fondamentale per la sopravvivenza di numerose specie botaniche, per l’ambiente, l’agricoltura, il territorio e gli apicoltoriMinuscolo fisicamente, ma maiuscolo nella sua generosità, l’ape è un piccolo animale selvatico, ricordiamolo, che non si alleva ma si custodisce. È tanto evidente l’importanza delle api, quanto dovrebbe essere scontato il ruo­lo gregario dell’uomo, chiamato a in­terferire il meno possibile nella loro vita, salvaguardandone la naturale evoluzione, agevolando le loro azioni, rispettando e proteggendo la loro peculiarità, in parti­colare la selvaticità.

L’apicoltore è chiamato a preoccupar­si della salute delle proprie api agendo con molta discrezione e prestando at­tenzione soprattutto al benessere delle famiglie. Si limiterà a sorvegliare con cura l’andamento dell’alveare, lasciandole libe­re di lavorare senza interferire nella loro gestione.

Per il buon successo dell’apiario, consi­glio come sempre di rispettare l’autocto­nia, premiante sul lungo periodo. Da non dimenticare che l’ape autoctona adattata al suo ambiente è dotata di un patrimo­nio genetico che ne assicura la sopravvi­venza. Tale scelta consente un maggiore equilibrio degli alveari e assicura la longe­vità delle famiglie, contenendo pericolose ibridazioni (Paolo Fontana, Valeria Malagni­ni e Silvia Zanotelli – “Apicoltura sostenibile significa in primo luogo allevare api locali” Apicoltore Italiano marzo 2021).

L’apicoltura è una pratica particolarmen­te complessa e l’apicoltore ne deve esse­re cosciente. Non basta fare un corso di pochi mesi e affidarsi allo zio, al nonno, all’amico. Le conoscenze, spesso superficiali, vanno integrate e approfondite con tematiche relative ai vari ambiti correlati. È consigliabile studiare, informarsi, ag­giornarsi anche sulle normative regionali, nazionale ed europee. È pure utile sapere di gestione del territorio, delle risorse naturali ad esso connesse e dei vari pro­tocolli di produzione. Attenzione va opportunamente prestata ai tanti studi pubblicati da esperti del set­tore (biologi, entomologi, scienziati ecc.) che, sommati alla nostra esperienza sul campo, potranno esserci utili a meglio capire come e dove muoverci ed aiutarci a correggere eventualmente il tiro delle nostre azioni (Webinar del 31/03/20021 “Salute delle api e apicoltura sostenibile” Osservatorio Nazio­nale del Miele – Fabio Sglolastra Dipartimento Scienze e Tecnologie Agro Alimentari – UNIBO “Lo stato di salute delle api: dall’alveare all’apia­rio”, Zeid Nabulsi – Ass. Le nostre api – “L’apicol­tore: conoscenze e abilità al servizio della salute delle api”).

Così come tra le api e le piante si instaura un rapporto di mutua assistenza, anche tra l’apicoltore e le sue api dovrebbe esserci una equa relazione di scambio. Le api ci donano i loro prodotti; ricambiamole rispettando la loro specificità con la nostra assistenza per il loro benessere, evitando forzature innaturali, pure di tipo alimentare. Come si sarà capito queste mie riflessioni sono tutte mirate a salvaguardare l’ape e perseguire una produzione di qualità bio­logica. Non l’ostinata ricerca delle grandi quantità spesso di sicuro minor valore qualitativo ed economico.

Ricordiamoci alcune buone pratiche da ri­spettare per il benessere delle nostre api attraverso dieci principi noti ma spesso di­menticati:

  1. collocare le nostre postazioni nel sito più favorevole, valutando la varietà e la qualità della ve­getazione presente per garantire pascoli ricchi e sicuri, il microclima, la disponibili­tà di acqua e il facile raggiungimento delle postazioni
  2. utilizzare alveari di colori diversi da po­sizionare correttamente distanziandoli l’uno dall’altro di almeno 50 cm, limitando il numero di alveari su ciascuna fila per evitare fenomeni di deriva
  3. prestare grande attenzione alla qualità e salubrità dell’arnia – preferire quelle di le­gno – che non dovrà presentare segni di degrado dovuti agli anni di esercizio o alle aggressioni degli agenti atmosferici
  4. utilizzare fogli cerei provenienti esclusiva­mente da cera prodotta nel nostro apia­rio
  5. sostituire ogni anno almeno quattro telai­ni del nido (i più danneggiati)
  6. eseguire con regolarità le visite all’alveare con molta cautela e delicatezza evitando lo schiacciamento e l’uccisione delle api nell’apertura e chiusura dell’arnia e nello spostamento dei telaini
  7. evitare l’uso di soffiatori
  8. eseguire con regolarità, due volte l’anno, trattamenti antivarroa eseguendo diligen­temente le operazioni preliminari
  9. sottoporre ad analisi chimico fisiche e melissopalinologiche i prodotti dell’alve­are e, per campione, quella morfologica delle api
  10. ad ogni visita, disporre di attrezzature e abbigliamento sempre puliti ed igienizzati.

Prima di lasciarvi esprimo il desiderio, se non la speranza, che da parte degli apicoltori ci sia sempre un maggiore interesse alle temati­che accennate in questo articolo e la volontà di far proprie le buone pratiche.

a cura di Rita Franceschini

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