LA LUCE DELLA CERA D’API: candele, ceri e rinascita.

La cera ha rappresentato per millenni l’ingrediente basico, stoppino a parte, delle candele. Ad essa molte scuole di pensiero si sono rivolte per il fascino che legava questo prodotto delle api alla luce. Le candele di cera d’ape che troviamo ancora oggi in luoghi consacrati a Divinità, siano essi in Oriente che in Occidente, hanno una Vita interiore che quelle di paraffina e stearina, bianche o colorate, tecnologicamente perfette, sembrano non possedere.  E ci chiediamo perché.

Le api, per produrre la cera, consumano una quantità di miele che, per il rapporto in peso, oscilla dalle otto alle dieci volte: per un chilo di cera prodotta, diciamo che grosso modo si nutriranno di ben nove chili di miele. E per arrivare a produrre la cera, che avvieranno dopo la prima settimana di vita, mangeranno molto polline, che ricco di aminoacidi, vitamine e fattori bioattivi, servirà loro da stimolo per la maturazione delle otto ghiandole cerarie. Ma non la produrranno per tutta la loro vita, giacché, alla fine della terza settimana da adulta, inizieranno a volare fuori per bottinare nettare, polline e resine. E la cera non sarà uguale, come composizione, dai primi giorni fino all’ultima scaglia emessa. Per chi ha una certa sensibilità verso gli animali, basta questa suggestione per comprendere anche il solo valore biologico della cera.

La storia dell’Umanità ha inoltre visto l’ape come un emissario del mondo sovrasensibile: dagli Egiziani ai Babilonesi, dai Greci ai Latini, solo per non spaziare nei Continenti più distanti. In pratica un ambasciatore del Cielo o del Sole che con la sua esistenza e i suoi prodotti (il miele, la cera e la propoli per gli Antichi) dona energia al creato. La cera, in particolare, trasformava, agli occhi dei religiosi, l’essenza dell’ape in Calore e Luce. Per secoli e quasi ovunque, una preghiera, un voto religioso si sugella con l’accensione della candela, la cui luce (pensiero-energia) passa da una fonte modesta ad una superiore; dal corpo della candela spenta al suo stoppino, che attiverà la cera per irradiare Calore e Luce.

Nella Festa delle Luci (Hanukkah) una candela resta accesa per ognuna delle otto notti nella tradizione ebraica; nella celebrazione della Pasqua, il cero pasquale resta acceso per cinquanta giorni, fino alla Pentecoste, nelle celebrazioni rituali. Forse è in questa occasione che si manifesta più platealmente il “frutto del lavoro delle api”: la cera.

Nell’ Exultet, il canto liturgico della Cristianità cattolica nella Veglia pasquale, l’ape, madre del cero, vola da secoli nell’aria consacrata dei Templi. E sulle pergamene è spesso rappresentata ad “insegnare al volgo” la sua sacralità nella Natura (nella foto l’Exultet di Bari, XI sec.).

Nella parola “cero” è esplicito in italiano il significato della sua origine; anche in arabo candela (šama) ha letteralmente il significato di cera, tanto l’associazione tra il prodotto delle api e la candela è stretto nel ricordo di tempi passati. La fiamma della candela è un piccolo sole che allontana il buio della “notte”. In questo periodo, un vero e proprio incoraggiamento a non perdere la fiducia in noi stessi. Il legame poi dell’ape al Sole, alla Luce Bianca (candela da “candida”), sia essa visibile e non, la ritroviamo nelle decorazioni del cero pasquale, dove piccole api sono delicatamente dipinte a mano; anche lo stesso profumo, quando non prevalgono altre profumazioni di oli essenziali mescolati alla cera (incenso e mirra).

Anche il caldo profumo mielato della cera d’ape delle candele dona una nota solare vera rispetto alle montagne di candele, puramente di origine sintetica, profumate (anche della stessa origine) in vendita nei grandissimi centri commerciali.  Una bugia commerciale, da non confondere con la bugia, sinonimo di candela, parola che proviene dall’antica città algerina di Béjaïa (Bougie in francese antico), nota per i suoi studiosi di astrologia e astronomia, come per la produzione di ottima cera d’ape che esportava verso il porto di Genova. Viva l’ape!

a cura del dr. Piero Milella

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